mercoledì 17 luglio 2013

Hinode - Tra ali e artigli - Quattordicesimo capitolo, parte prima

Capitolo 14, prima parte :3
Ho quasi fatto, fantasmini cari xD



Ok, ora devo solo uscire.
Sgattaiolo verso l'ingresso, apro la porta, esco, chiudo a chiave.
Il cuore pulsa all'impazzata, le gambe mi tremano, ho l'impressione di sudare.
Scendo le scale e corro come una dannata.
Corro in questa Roma affollata, verso quel vicolo nel quale dovrò mettere a posto le cose. Dovrò capire cosa sono, dovrò capire chi mi ama e se mi ama.
E continuo a correre, come se fosse la fine, come per ricacciare dietro i rimpianti del passato.
Salgo gli scalini il più velocemente possibile, e vedo Fabio che mi aspetta all'"entrata" del vicoletto.
Mi fermo, ho il fiatone, e il cuore che batte ancora più forte.
-Ciao.- Esclama, facendo un gesto con la mano.
-Ciao . . . Ascolta, Fabio, ti devo parlare.- Non so come ho fatto a pronunciare queste parole, non so dove ho trovato la forza di pronunciarle. Forse non l'ho trovata. Forse sono venute fuori . . . E basta.
-E' per l'altra sera, vero?- Lo dice con un tono mesto, con un lieve accenno di consapevolezza.
-Sì . . . - Lo dico salendo gli ultimi scalini, avvicinandomi. Ora anche lui mi viene in contro. E senza parlare, quasi in un istante mi prende una mano, con l'altra mi cinge il fianco. Un attimo indescrivibile, che sembra durare anni. I nostri visi si avvicinano di nuovo, lui che mi guarda dal suo alto e io che lo guardo dal mio basso. Mi prende i fianchi anche con l'altra mano. I suoi occhi sono come due cristalli su un manto di neve bianca. Due cristalli verdi. Sbatte le palpebre, sposta il suo sguardo dai miei occhi al cielo e mi abbraccia. Mi stringe, forte. Mi alza da terra, e io gli metto le mani attorno al collo. Vorrei rimanere così per sempre. Vorrei diventare una statua. Vorrei immobilizzarmi, vorrei diventare di ghiaccio.
-Clarissa . . . Io ci sarò sempre. E mi dispiace se oggi soffrirai . . . -
-Se ci sei tu non mi importa di soffrire . . . - Altre parole che escono fuori e basta, che fuoriescono dalla mia bocca, senza un comando preciso. Un altro attimo, senza toccare il suolo poi mi lascia scendere dolcemente, e dice: -E' ora di andare . . .



Vostra,
Hinode.

*Un frullio d'ali, una bianca piuma*

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